DI CHE MUSICA MI STO NUTRENDO?

Si discute da anni su quale sia la musica di qualità e su quale invece non lo sia. Una questione che ha contrapposto esperti del settore, dai musicisti in primis, ai critici, agli ingegneri del suono, ai tecnici audio, ai giornalisti, agli opinionisti dell’ultima ora, all’opinione pubblica, agli insegnanti e addirittura ai politici. Il concetto di “musica di qualità” , se tale si può definire, è nato anni fa, secoli fa per essere più precisi, quando le esibizioni cominciarono a diventare spettacolo.

LUIGI LUCCI

11/11/20246 min read

a trash can with a cup in it
a trash can with a cup in it

DI CHE MUSICA MI STO NUTRENDO?

Si discute da anni su quale sia la musica di qualità e su quale invece non lo sia. Una questione che ha contrapposto esperti del settore, dai musicisti in primis, ai critici, agli ingegneri del suono, ai tecnici audio, ai giornalisti, agli opinionisti dell’ultima ora, all’opinione pubblica, agli insegnanti e addirittura ai politici.

Il concetto di “musica di qualità”, se tale si può definire, è nato anni fa, secoli fa per essere più precisi, quando le esibizioni cominciarono a diventare spettacolo. Certamente è difficile separare l’esibizione dalla spettacolarità, perché inevitabilmente il coinvolgimento emotivo, la suggestione, il livello tecnico, i virtuosismi, l’immagine stessa degli artisti, tutto gioca un ruolo fondamentale che va anche oltre il concetto di arte.

Va da sé che nel momento in cui assistiamo ad una esibizione, oggi dovremmo dire performance (perché i deliri linguistici di quest’epoca piena di paradossi ci obbligano ad adeguarci a certe brutture lessicali e ad attingere da idiomi stranieri mentre siamo ignoranti della nostra stessa lingua), non possiamo certo negare di essere colpiti dall’immagine di chi esegue, dal contesto, dalle scene, dagli effetti...ed ecco lo spettacolo. Il valore aggiunto che spesso, purtroppo, supera di gran lunga la qualità di ciò che dovrebbe essere invece il centro di tutto: l’arte.

In un malinteso senso del business, che oggi più che mai è diventato onnivoro e predatorio, l’amore per l’arte si approssima a diventare un sentimento scialbo, insipido, diafano...a scapito invece di una sfrenata passione per il sensazionalismo, l’enunciazione, l’ostentazione, il rapimento dei sensi...

È allo stesso tempo sorprendente e avvilente osservare come nel corso degli anni le varie generazioni abbiano scelto direzioni culturali molto diverse da quelle che ci si augurava, e spesso tristemente prevedibili. È quindi una manipolazione che assoggetta e silenziosamente educa le masse ad andare in certe direzioni o sono le masse a preferire le stesse direzioni e a far si che interi sistemi le assecondino? È una domanda importante, perché è alla base di un quesito: com’è che si avvicendano i vari movimenti culturali? Sono le persone che scelgono o sono le strutture, gli organi di governo, i sistemi filosofici, le religioni organizzate, i sistemi politici e soprattutto quelli economici a stabilire dove e come andare?

Parliamo di cultura perché la musica è cultura, oltre ad essere arte.

DI CHE MUSICA MI STO NUTRENDO?

La musica si fa portatrice di messaggi culturali, di riflessioni filosofiche, spirituali, politiche, etiche, riflessioni che diventano opinioni, opinioni che diventano stili di vita, che diventano scelte, che diventano movimenti, che cambiano nazioni.
Si può quindi supporre che esista una sorta di cooperazione alla base delle evoluzioni culturali, una sorta di collaborazione più o meno consapevole, fra le masse e i sistemi che le governano. Ciascuna parte, nel tentativo di soddisfare i propri interessi, favorisce, predilige, sostiene e difende le sue idee, cercando di portarle alla realizzazione, anche se non sempre in equilibrio con quelle delle altre parti interessate. Nei paesi in cui i regimi sono totalitari, dittatoriali, questa cooperazione non esiste: il governo ordina e il popolo ubbidisce; ma nei sistemi democratici, laddove prevale il
potere al popolo non è possibile agire in questo modo, perché altrimenti si parla di censura, con tutto ciò che ne consegue. E allora, tornando alla nostra domanda principale, questa qualità della musica come si determina? E soprattutto perché bisognerebbe determinarla? A che scopo? A che serve?

Facciamo un esempio molto semplice.
Immaginiamo una persona che va al ristorante: si siede, le portano il menù, sceglie le varie portate e viene servita. Naturalmente questa persona è lì perché vuole mangiare. Ora ignoriamo per un momento quali siano le ragioni che l’abbiano spinta a scegliere un ristorante piuttosto che una salumeria in cui farsi un panino: semplicemente è lì. Questa persona, supponiamo ancora, non ha assolutamente alcuna cultura in materia di gastronomia, di arte culinaria, di tecniche di preparazione, di qualità degli alimenti, di prodotti tipici del territorio, di contaminazioni e tutto il resto. È una persona qualsiasi, in un giorno qualsiasi, che ha fame e vuole andare al ristorante a mangiare. Che cosa succederà?
La risposta è semplice: niente. La persona mangerà, pagherà, ringrazierà, forse le offriranno il caffè o un liquorino, un amaro, e se ne andrà. Tutto a posto.
Di fatto questa persona avrà trovato anche buoni i piatti che le hanno proposto, ma quello che conta una volta uscita dal ristorante è che non ha più fame, il suo
bisogno è stato soddisfatto.
Se il cuoco ha usato pomodori misti a cachi per prepararle la pastasciutta, se il pane è stato impastato sei mesi prima e poi congelato e scongelato la notte prima e cotto la mattina stessa, se invece di carne di vitello o di maiale le hanno preparato uno stufato di

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carne di cane, se il caffè è stato fatto con la cicoria e i trucioli di sughero invece che con i chicchi torrefatti...beh questa persona probabilmente non ne avrà assolutamente consapevolezza. Il suo bisogno primario, quello di far passare la fame, è stato soddisfatto. Complice la sua ignoranza in materia di cucina, tutto il resto non conta. Possiamo dire che questa sia stata una condizione di qualità? Sulla base di che cosa ragioneremmo dovendo stabilire se è stata per la persona una scelta di qualità o meno quella di andare al ristorante?

Si comincia a questo punto ad intravedere uno spiraglio: se vogliamo parlare di qualità, dobbiamo parlare prima di conoscenza e di esperienza.
Mi spiego meglio: la qualità, il termine che esprime delle caratteristiche in maniera comparativa, assoluta o relativa, non nasce dal nulla, ma è l’esito di un confronto.

Se il cuoco nella pastasciutta ha messo un olio extravergine di oliva, un olio di sesamo o un olio per motori di trattori agricoli, è una questione che la persona si porrà solo nel momento in cui la sua pancia comincerà a reclamare per l’ingiustizia subita, non prima. Una persona che ha conoscenza e che ha esperienza invece opera subito: dal primo momento fa una scelta di qualità, perché al di là della sua fame, che è una condizione che riguarda tutti, la persona ha imparato a nutrirsi.

Sa scegliersi quindi il ristorante giusto, magari anche l’orario giusto e anche il posto giusto, perché trova minore affluenza e in quell’angolo non ci sono correnti d’aria o bambini che danno fastidio mentre giocano.
Al primo assaggio si accorge subito se il cuoco è onesto, preparato e serio o è uno sprovveduto che si diletta in cucina a scapito dei poveri avventori che gli capitano a tiro. Perché ha conoscenza ed esperienza.

Qui allora si pone una prima pietra per fare differenza: la musica è nutrimento, come il cibo.
Noi ci nutriamo di musica continuamente, tutto il giorno, tutti i giorni, a cominciare da questo affare iperconnesso e sgargiante che abbiamo sempre appresso, di cui siamo fidati e obbedienti servitori senza sosta. Siamo sommersi dalla pubblicità, sempre più ottusa e insistente: a momenti la troviamo anche nel cassetto dei calzini. Si...ma con la musica.

Andiamo a fare la spesa? C’è la musica. Andiamo in macchina? Metti un po’ di musica.

DI CHE MUSICA MI STO NUTRENDO?

Al pub con gli amici? E vai di musica.
E gli esempi possono continuare...
Quello che in ultima analisi intendo è che ascoltare musica di qualità è come nutrirsi con cibo di qualità, è esattamente la stessa cosa: il cibo nutre il nostro corpo, ci da forza, ci sostiene, ci fornisce energia per tutti i nostri compiti giornalieri.
La musica è cibo per i nostri pensieri e per i nostri sentimenti: fortifica le nostre idee, ne fa fiorire di nuove, ci fa compagnia nei momenti di solitudine e di tristezza, ci istruisce in quelli di dubbio, ci rallegra in quelli di festa, ci insegna la solidarietà, la pietà, la compassione e l’amore, ci insegna a stare con noi stessi prima ancora che a stare con gli altri.
La musica è la segreta custode dei nostri pensieri e delle nostre speranze, il nostro luogo intimo di ritrovo, il nostro rifugio, il nostro abbraccio e la nostra amica più fidata. Ascoltare musica con superficialità non è un peccato, non è un errore...come non lo sarebbe mangiare uno stufato di cane o bere un caffè fatto con la cicoria...ci può piacere, certo.
In certe zone del mondo mangiano squali putrefatti, in altre intestini di pecora...e pure noi in certi casi non siamo da meno con alcune nostre tradizioni.
Tuttavia se cominciamo a fare un piccolo sforzo, a sollevarci ci un centimetro più in alto, a voler capire un po’ meglio, a voler conoscere le cose, ci accorgiamo subito che c’è una differenza notevole fra certi tipi di musica e altri. Attenzione, non è una questione di gusti o di preferenze personali.
È questione di capire
che cosa è stato messo dentro, quali sono gli ingredienti.
L’arte è una rivelazione offerta al genere umano perché abbia la possibilità di migliorarsi, parlando un linguaggio di amore per sé stessi e per gli altri, di fratellanza, di fraternità. Nel momento in cui mangiamo male, il nostro corpo viene intossicato e sta male a sua volta.
Quando ascoltiamo cattiva musica, musica fatta male, si intossicano i nostri pensieri, le nostre idee, le nostre emozioni, i nostri sentimenti.
E finché uno finisce in ospedale con una lavanda gastrica dopo una pessima cena...beh, c’è ancora speranza.

DI CHE MUSICA MI STO NUTRENDO?

Ma quando intere generazioni vengono costantemente sottoposte a ore e ore e giorni e mesi e anni di cattiva musica...allora il problema non è risolvibile con una lavanda gastrica.


In quel caso è in pericolo l’intera società, e a quel punto bisogna fare una scelta.

Saranno le masse, così formate, a stabilire il loro sistema sociale o saranno i sistemi organizzati a formare in tal modo le masse?